19/09/2022
GOLIATH di Adilkhan Yerzhanov
Ci troviamo nel villaggio di Karatas, nel Sud del Kazakhstan, ad uno sguardo geografico da Tashkent. La zona è arida e abbacinante nel suo essere desertica. Il villaggio è sotto il controllo di un criminale locale di nome Poshaev che elargisce posti di lavoro e fornisce alloggi per gli abitanti del luogo. Tutto questo rientra in una grammatica normale di gestione del territorio dell’Asia centrale, luogo storicamente afflitto da carenze welfaristiche che vengono colmate da poteri periferici di stampo para-mafioso, se non propriamente mafioso, nei lontani villaggi di uno dei paesi più vasti al mondo.
Quando la moglie di Arzu, un abitante del villaggio, viene uccisa per aver denunciato il sistema criminale alla base, costui è costretto a subire le pretese di Pashaev per redimersi ai suoi occhi. Da qui in avanti il film assume un andamento etico-filosofico ponendo su schermo, attraverso le azioni di Arzu, un ragionamento che verte sulla giustizia e sulla vendetta. Il regista si appoggia al pensatore politico fiorentino Nicolò Machiavelli per sbrigliare concettualmente la questione posta sul grande schermo: quella della giustizia.
Il film di Yerzhanov presenta una fotografia ariosa, che permette allo spettatore di ammirare gli immensi paesaggi del Kazakhstan, e l’uso deciso della cinepresa, cinica e poetica allo stesso tempo. Un lungometraggio che guarda senza timore alla cultura degli spaghetti western e che si conclude con un finale ispirato al cinema di Sergio Leone. Karatas è un microcosmo le cui regole valgono universalmente: possiamo limitarci ad osservare su schermo una rappresentazione di un western moderno ambientato in Kazakhstan, in cui nella finzione cinematografica troviamo anche un forte critica al sistema kazako che si basa su una forte corruzione e una cooperazione tra Astana e i gruppi criminali locali per il controllo del territorio e la spartizione indebita delle risorse. Oppure possiamo interpretare il film in maniera universale senza rimanere intrappolati dal contesto asiatico: Karatas rappresenta la società del XXI secolo, sempre più corrotta, materialista e feroce.
Arzu è una figura metonimica rappresentante tutti noi che ad un certo punto saremo costretti a prendere una decisione, costretti a mettere in atto la nostra vera idea di giustizia, che si può solo dipanare nella fattualità del quotidiano e non nell’ideale del pensiero, e a quel punto dovremo capire da che parte stare: se essere Golia o Davide, se essere liberi in un sistema, accettando passivamente le sue logiche perverse, o essere liberi dal sistema. Simone Libutti