22/10/2024

Love di Dag Johan Haugerud

Nella storia del cinema l’amore è sempre stato uno degli argomenti privilegiati, e i discorsi intorno a questo argomento sono talvolta entrati nell’immaginario collettivo dei cinefili: basta pensare all’esempio forse tra tutti più rappresentativo, ossia il cinema di Woody Allen, regista che ha studiato i rapporti umani con ingegno, ironia, smontandoli dall’interno, analizzandoli nelle nevrosi, nelle paure, e nei momenti di pura magia. “Love” è un’opera di fatto costituita da più discorsi sull’amore e sulla sessualità, in una Oslo accogliente e al contempo asettica, vista da diverse prospettive.

I protagonisti sono Andrea e To, rispettivamente medico e infermiere, colleghi sul lavoro che condividono pensieri e sensazioni riguardo l’amore appunto, tema fondamentale della pellicola, secondo episodio di una trilogia firmata dal regista (iniziata con “Sex” e che si concluderà con “Dreams”).

I punti di vista che Haugerud offre sono estremamente radicati nel mondo contemporaneo, tanto da dedicare parte della riflessione anche alle app di incontri, in un contesto socioculturale estremamente sensibile alla non-convenzionalità, svincolato dall’idea di coppia più tradizionale. Apprezzabile lo spazio riservato al focus sulla famiglia e la sua trasformazione dopo un divorzio.

Per quanto riguarda lo stile e la realizzazione l’opera presenta una sceneggiatura ricca di dialoghi, che conferma la volontà di mettere in campo diverse prospettive, il tutto con verosimiglianza e, sebbene si parli di sentimenti e relazioni, un certo distacco.

La presenza della città è così importante tanto da essere quasi un ulteriore personaggio, Oslo è rappresentata sempre con eleganza e, in fondo, come città paradigma della contemporaneità.
Le performance degli attori sono realistiche e credibili, ed i personaggi ampiamente caratterizzati.
“Love” rispecchia a pieno sia formalmente che per gli argomenti ed il modo in cui questi vengono trattati il gusto della società odierna, ma non coinvolge a tutto tondo lo spettatore, se non in alcune riuscite sequenze.

Isabella Vittoria Fleri