05/11/2024
Alpha di Jan-Willem van Ewijk
Alpha è un thriller psicologico che esplora il conflitto tra un padre, Gijs, e suo figlio, Rein. Dopo la morte della madre, Rein si ritira in un piccolo villaggio di montagna, dove lavora come maestro di snowboard, cercando di ricostruire la propria vita. Tuttavia, l’arrivo inaspettato del padre riapre vecchie ferite e riaccende una tensione latente tra i due.
La trama si intensifica quando i due decidono di affrontare una pericolosa escursione in montagna, che da semplice attività ricreativa si trasforma in una brutale prova di sopravvivenza e di affermazione personale.
È un film che, fra l’altro, tratta uno dei grandi temi della Gen – Z: i cosiddetti “daddy issues”, in modo dapprima molto relazionabile, facendo poi crescere la tensione fino ad estremizzare il tutto. Il personaggio del padre risulta sempre più sgradevole, imbarazzando Rein, sminuendolo e flirtando con le sue amiche e conoscenti. Si intuisce che l’infanzia del protagonista abbia avuto un aspetto molto simile, e che lo stesso non avrà alcuna intenzione di riviverla. È così che, infatti, quando Rein decide di permettere a Gijs di seguirlo in quella che ha tutta l’aria di essere una missione suicida, (un po’ sadisticamente) non vediamo l’ora di vedere il padre capitolare.
A mano a mano che la trama si dispiega, però, la montagna diventa un antagonista passivo e sempre più terrificante. Arriviamo a sperare che vi sia una svolta che spezzi l’angoscia e ponga fine all’incubo dei protagonisti, e ci sentiamo in colpa per aver in precedenza augurato a Gijs che gli succedesse qualcosa di male.
Nonostante la lentezza del film e la leggera perdita di credibilità della trama sul finale, Alpha è estremamente interessante, di quei lungometraggi che tengono lo spettatore incollato a chiedersi “cos’altro può succedere ora?”.
A livello tecnico è un vero e proprio piacere per gli occhi. Le ambientazioni passano dalle fredde e asettiche stanze della residenza di Rein alle imponenti montagne innevate, e sono accomunate da una sensazione di disagio, che è poi il tratto distintivo del rapporto padre – figlio. Molto particolare la scelta di utilizzare l’aspect ratio 4:3, dettaglio che contribuisce a togliere il respiro alle scene, nonostante le numerose riprese aeree e i campi lunghissimi.
Martina Scanferla