18/11/2023
Enea, spacciatore di droga e di vita
Nessun mito di fondazione, nessuna pietas, solo la narrazione della hybris di due giovani alto borghesi che si ritrovano a fare i conti col desiderio di sentire la vita fluire dentro di sé mentre l’esistenza dei padri si muove all’insegna dell’apparenza e di nevrosi represse.
L’epos traspare dal tragico confronto di due generazioni che, per essere all’altezza delle proprie ambizioni, parteciperanno a una guerra, non più solo interiore. Enea (sempre Castellitto) e Valentino (strabiliante Giorgio Quarzo Guarascio), romantici trasognati, inseguiranno la volontà di potenza a suon di festini notturni e spaccio di cocaina.
Dall’alto delle vestigia romane e da dentro i circoli di una città brillantata e decadente, una camera da presa regala inquadrature audaci e talvolta narcisistiche. L’arguzia sfrontata del giovane regista affianca sequenze sceniche senza troppo sostenerle con una solida idea drammaturgica, ma Castellitto qualcosa da dire ce l’ha e maneggia abilmente le proprie suggestioni. Dai dialoghi che procedono per incomunicabili citazioni, passando attraverso l’ironia dei nonsense, si toccano momenti di profondità grazie a interpretazione e sceneggiatura. Auricolari bluetooth onnipresenti, quasi l’unico modo per affrontare la vita sia ovattarla mettendoci su una colonna sonora dal sapore tutto italiano. “Bandiera gialla”, “Maledetta primavera” e “Spiagge” accompagnano la sincerità sociologica con cui Castellitto racconta.
E se nel sottotraccia del film serpeggia il sentore che qualcosa di improvviso possa esplodere (e il finale non stupisce troppo), se la verità affettiva la si trova solo nei discorsi moraleggianti dei criminali, Pietro ed Enea provocano lo spettatore ricordandogli cos’è l’avventura. Mentre tutti i baci scambiati sono sempre fuori campo, l’ultimo esce allo scoperto sollevando il buio sull’amore e facendoci volare come in un quadro di Chagall.
Rossella Grosso