26/09/2024

L’orto americano di Pupi Avati

È stato l’inventore del gotico padano Pupi Avati con L’orto americano, presentato nella categoria Fuori concorso, a chiudere l’81. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Tratto dall’omonimo romanzo scritto a quattro mani con il figlio, il film è ambientato nella Bologna liberata dagli statunitensi. Qui un ragazzo si innamora a prima vista di un’infermiera americana, Barbara. Tempo dopo il giovane si trasferisce nel Midwest americano e, appena arrivato, ode delle grida lancinanti correlate da insulti. Quando si affretta per controllare la situazione trova un’anziana donna che, per puro caso, scopre essere madre di quella stessa ragazza per cui aveva perso la testa. Da ella apprende che l’amata è misteriosamente scomparsa, se non addirittura morta.

Una notte, però, il ragazzo sente una richiesta di aiuto provenire dall’orto della vicina e, travolto da un miscuglio tra paura e curiosità, inizia a scavare da quello stesso punto del terreno da cui sente provenire la voce. Sarà lì che riesumerà un vaso pieno di liquido salmastro accompagnato da un riferimento all’arcaica letteratura greca e ai genitali femminili.

Lui troverà nel lontano e sfuggevole ricordo della ragazza un motivo di ossessione tale da condurlo fino ad Argenta, alla foce del Po, dove viene a conoscenza di un serial killer che potrebbe essere il responsabile della scomparsa di Barbara.

Pupi Avati si muove con abilità all’interno di quel gotico padano di cui è inventore e maestro costruendo un’atmosfera decadente ed oscura, spesso sfociando nel surreale: notevole è l’allusione alla realtà e all’illusione, quasi richiamando una realtà dai connotati psichiatrici.
L’orto americano è una pellicola che elegantemente galleggia tra realtà ed irrealtà inciampando di tanto in tanto in qualche ingenuità sul piano della sceneggiatura, ma che trova un buon sostentamento grazie alla colonna sonora, un tributo ai classici dello stesso Avati.

Sofia Palmeri