26/09/2024
Il tempo che ci vuole di Francesca Comencini
Il rapporto padre-figlia, narrato attraverso il cinema, fa da filo conduttore del film. Si parte così dal polveroso set di Pinocchio, diretto dal padre, e primo incontro della bambina con il mondo cinematografico. Per poi arrivare al racconto della sua difficile giovinezza, piena di abitudini e compagnie malsane; fino alla fuga a Parigi con il padre, che servirà a salvarla e a ridarle la speranza e la fiducia in sé stessa.
Qui, il cinema diventa esso stesso un personaggio del film, che accompagna lo spettatore e la protagonista, tanto che le diverse fasi del racconto sono scandite da frammenti di film significativi per la storia dei due protagonisti, e che noi spettatori vediamo proiettati davanti ai nostri occhi, così catapultati in un film nel film.
‘Prima la vita, poi il cinema!’, è la frase pronunciata dal padre che meglio rappresenta la scelta narrativa, nella quale la precedenza è data all’individuo e al raccontarne la storia. Si ha così un’autobiografia dall’andamento fluido e privo di complicazioni scenografiche, che mira a delineare la semplicità della vita, nei suoi aspetti positivi e negativi.
Importantissima è la figura del padre che decide di non abbandonare mai la figlia, nemmeno nei momenti più difficili, ma anzi la sostiene ed aiuta. Probabilmente è proprio la sua mente creativa, capace di vedere il bello ovunque, che gli permette di fare sì che anche la figlia faccia lo stesso. Effettivamente è proprio quando iniziamo a meravigliarci di ciò che ci circonda che impariamo a fare lo stesso, conoscendo e accettando tutte le nostre contraddizioni.
Il cinema, così, diventa sia racconto di vita che modo per fuggire con la fantasia. Il tempo che ci vuole è un racconto commovente, ma semplice, del rapporto tra padre e figlia e della capacità di saper aspettare con pazienza che la vita ci indichi qual è la nostra strada.
Agnese Piana