14/10/2024

The Brutalist di Brady Corbet

Fin dalla prima inquadratura “The Brutalist” si presenta come un film monumentale, girato in pellicola 70mm, un formato che dona allo sguardo una prospettiva ampia, quasi sconfinata, con una durata altrettanto importante, che supera le tre ore e mezza.
Già nei primi secondi è possibile notare (seppur capovolta) la Statua della Libertà di New York, simbolo degli States, monumento che sancisce l’inizio della concretizzazione del sogno americano dopo un viaggio lungo e devastante.

Quello dei profughi europei in fuga dopo la Seconda Guerra Mondiale e diretti ad Ellis Island è un arrivo traumatico, preceduto da un passato di guerra, persecuzione, morte: anni che segnano profondamente la psicologia del protagonista.
La trama si sviluppa infatti seguendo le vicende della vita di László Tóth, architetto ebreo ungherese formatosi presso le scuole della Bauhaus, che riesce, grazie alla conoscenza del mecenate statunitense Harrison Lee Van Buten, a dar forma e vita alle proprie idee. Il sogno americano, però, cela un lato oscuro: il film porta a riflettere sul potere, sul sistema capitalistico, sulla dipendenza, l’amore, la cultura, la bellezza, l’arte.

L’opera di Corbet si potrebbe definire un falso biopic, ambizioso per temi e tecniche, è un’epopea novecentesca, spiazzante, monolitica, che emoziona e sorprende. Uno dei nuclei tematici principali è senza dubbio l’arte, un’arte totalizzante, che tiene vivo chi la produce: Tóth è infatti un “poeta” dell’architettura, soprattutto se si pensa a questo termine partendo dall’etimo greco, è colui che “fa dal nulla” con un’unica scintilla generata esclusivamente dalla sua immaginazione.

C’è quindi alla base un conflitto metaforico tra l’umano e il divino - più volte si accenna inoltre alla religione - una riflessione contemporanea ma al contempo universale sulla creazione di ciò che è bello non in quanto aderente a canoni preimposti ma coinvolgente. Quella del regista è un’impresa complessa e ben riuscita, complice l’interpretazione magistrale di Adrien Brody.

Isabella Vittoria Fleri