22/10/2024
René va alla guerra e Il burattino e la balena
La storia, anche se molto breve, sembra riprendere Jojo Rabbit, un altro esempio di narrazione con protagonista un bambino che idealizza la guerra. Il clima silenzioso della scena richiama il silenzio assordante dei campi di battaglia prima dell’inizio degli spari e il silenzio della morte figlia della guerra. La cinepresa segue con inquadrature fisse René, che gioca trasformandosi in un soldato pronto alla chiamata imminente al fronte. Il corto vuole portare su schermo la desolazione della guerra attraverso gli occhi di un bambino che vive in solitudine, costruendo “armi” invece di giocattoli, ed entrando in quella fase della vita dove tutto diventa tragico perdendo la gioia di essere un René.
Il burattino e la balena è un cortometraggio della sezione Orizzonti in concorso al Festival del cinema di Venezia. Creazione di Roberto Catani, sceneggiatore e regista, il corto è stato realizzato con la tecnica dell’animazione Oilbar su carta. È un lavoro italo-francese, della durata di 8 minuti, co-prodotto da MIYU e Withstand. La storia è un chiaro riferimento al Pinocchio di Collodi, ma questa volta il burattino non diventa un bambino. Il regista dichiara di aver pensato attentamente all’idea, avuta tra il 2017-2018, con l’intento di parlare di un burattino che non voleva adeguarsi al conformismo sociale. Il corto vuole essere un inno alla disobbedienza riprendendo il personaggio disubbidiente per eccellenza: Pinocchio. Ma perché anche la balena? È il male sociale, quel male a cui si ribella anche Pinocchio, ma da cui inesorabilmente viene inghiottito. Il burattino protagonista del corto nasce da centinaia di schizzi, tentativi di dare la giusta rappresentazione che il regista voleva arrivasse al pubblico.
Come tutti, anche il burattino di Catani vive in una società delle maschere portata su schermo attraverso le forme, mentre il modello del mondo degli adulti, e quindi la società, si impone nella vita dei bambini. Il burattino resta tale, non diventa un bambino come nella favola, per sottolineare il rifiuto all’omologazione.
Marta De Roberto