14/09/2013
“Sacro Gra” di Gianfranco Rosi
Il film vincitore del Leone d’Oro
“Gra” sta per Grande Raccordo Anulare, la più estesa autostrada urbana d’Italia che abbraccia per intero la città di Roma. Raccordo, simbolo della velocità, del boom, ma anche del caos da dove non si vede l’ora di uscirne fuori. Esso nasconde le contraddizioni tra le realtà lontane di estrema periferia coi luoghi simbolo e canonici della capitale e dopo un lavoro di ricerca durato più di due anni Gianfranco Rosi (il regista) e Nicolò Bassetti (lo sceneggiatore) hanno confezionato questo singolare quanto necessario documentario che, presentato nella sezione competitiva, sono arrivati ad aggiudicarsi il Leone d’Oro, quello della 70° edizione della Mostra.
Trovano spazio il quotidiano di persone semplici e dignitose quali Francesco che tenta di debellare dalle sue palme il punteruolo rosso o Roberto, barelliere di giorno e che accudisce amorevolmente l’anziana madre malata la sera, prima di andare a letto, e poi attori di fotoromanzi, nobili decaduti, anguillari, personaggi con una grande identità sopravvissuti alla catastrofe urbanistica che appaiono e poi scompaiono per fare posto ad altre storie, tutte tenute assieme da una sorta di respiro, di pausa meditativa.
La scelta del documentario inteso come vettore, come veicolo per portare sullo schermo immagini non convenzionali e non standardizzate si rende pertanto necessaria piuttosto che far ricorso al classico lungometraggio.
Trecento chilometri percorsi a piedi dal paesaggista e urbanista Nicolò Bassetti, il libro guida “Una Macchina Celibe” di Renato Nicolini e la sapiente regia di Rosi, al suo terzo film dopo “Below Sea Level” e “El Sicario, room 164” (entrambi passati al Lido in precedenti edizioni della Mostra), questi gli ingredienti per “Sacro Gra”, ma più di ogni altra cosa ricordiamo i poetici protagonisti con le loro vite raminghe, estreme ma al contempo dignitose e che solo grazie alla lentezza che ti puoi accorgere di loro non certo percorrendo ad alta velocità il Grande Raccordo Anulare.
Per la prima volta un documentario si aggiudica il premio più prestigioso del concorso; una vittoria a sorpresa ma meritata. Struggente la canzone sui titoli di coda, “Il cielo” di Lucio Dalla. Era dal 1998, dai tempi di “Così Ridevano” di Gianni Amelio che l’Italia non si aggiudicava il Leone d’Oro.
Orazio Leotta